Un viaggio in camper senza barriere

Un viaggio in camper senza barriere

Sofia ha 42 anni, parla 5 lingue (e ne sta imparando un’altra), ha 3 figli e si è laureata, nel 2017, in Scienze della Formazione; oggi è iscritta al corso di laurea magistrale in Pedagogia delle Organizzazioni ed è partita a fine 2018 per un Erasmus di 6 mesi in Polonia.

Sofia, però, è anche affetta da sclerosi multipla e si sposta in carrozzina: la sua partenza è stata organizzata con un camper messo a punto per la situazione, attrezzato con una rampa, un bagno dotato di maniglioni e tanto spazio per muoversi. Davanti a tutto questo supporto, anche la paura di non farcela è presto sparita.

In viaggio con la figlia

La figlia più piccola di Sofia ha 9 anni e sta affrontando un percorso didattico in Home-Schooling, in modo da poter seguire la mamma nelle sue avventure; viaggiare e vivere all’estero venendo a contatto con altre culture, a detta della stessa donna, potrebbe un giorno tornarle utile o semplicemente offrirle un bagaglio di esperienze differente attraverso il quale guardare il mondo.

L’entusiasmo di affrontare questo viaggio, con l’arrivo in Polonia, è addirittura aumentato: la vita di un disabile, tra Cracovia e Varsavia, è garantita da standard completamente differenti da quelli a cui siamo abituati in Italia, sia a livello di servizi che nel sociale.

Come ha riferito Sofia: “Ho trovato un edificio del 1400, la sede centrale dell’Università, completamente ristrutturato, con un portone che si apre automaticamente e un ascensore per portarti ai vari piani. E già pensavo di essere in paradiso. Poi sono andata nella sede del dipartimento dove si tengono i corsi cui sono iscritta. Edificio nuovo, con ascensore, accesso con porte automatiche, bagni attrezzati ad ogni piano. Ma non solo. Ogni stanza, che sia dei professori, un ufficio, un’aula di studio o di lezioni, ha una targhetta con numero e nome dell’aula. Anche in braille. Eccezionale.
E questa cosa, questa attenzione, l’ho trovata anche nei luoghi pubblici. Parlo di musei e di parchi, o di centri cittadini. Ci sono steli con la ricostruzione in 3D del luogo, monumento, statua, piazza, palazzo, con la descrizione in braille. E non solo a Cracovia. Ho visto la stessa cosa durante il weekend che abbiamo trascorso a Varsavia.

Infine i parcheggi. La cosa che ancora oggi, dopo un mese mi lascia incredula. Non puoi non vederli perché sono blu elettrico con disegno bianco. E sono veramente giganteschi. Da noi, in Italia intendo, con uno di questi ne faremmo almeno due, forse anche tre, di parcheggi disabili. Qui invece, puoi decidere come posteggiare l’auto, o il camper, perché ci sta anche il mio camper in questi parcheggi. 
Se chi guida è disabile può tenere l’auto tutta a destra e scendere senza fatica, se deve scendere dall’auto un passeggero disabile l’auto può stare tutta a sinistra e avere spazio a destra. Se devi scaricare la sedia dal baule o aprire una rampa dietro, nessun problema.

Qui, a Cracovia, non ho ancora dovuto chiedere a qualcuno “dove si trova l’accesso disabili?” perché ci sono cartelli e campanelli a cui posso arrivare senza problemi. 
Qui in Polonia non mi sento diversa, non mi cedono il passo per salire in ascensore, non devo chiedere di aiutarmi ad aprire la porta. È tutto normale. È normale vedere una persona in sedia a rotelle in università e qualcuno che le apre la porta.

Ma la più bella conquista è stata, per me, pagare il biglietto del museo come mia figlia. Perché abbiamo visto le stesse cose, siamo entrate dalla stessa porta, e non ho avuto disagi di alcun tipo. Ero come “gli altri”. Finalmente.

La leggenda narra anche che gli autisti ti aiutino a salire sui bus. Di certo, non è leggenda, quando ho bucato la ruota della mia sedia andando in centro con il Triride – (un propulsore per carrozzine, n.d.r.) – e mi sono fermata vicino a una pensilina dell’autobus ad aspettare Uber che mi portasse a cambiare la camera d’aria, si sono fermati 3 bus e uno degli autisti è sceso a chiedermi se avessi bisogno di salire. È sceso. Senza che io facessi alcun segno!
La mia paura ora è che questo entusiasmo si schianti prima o poi contro una barriera architettonica. E sono sempre pronta a trovare la delusione, quando vado in un museo o visitare una città. Invece trovo sempre tutto pronto: rampe già posizionate, cartelli che mi dicono il percorso per arrivare alla biglietteria bypassando i gradini, indicazioni chiare e ascensori nei castelli.

Sono tentata, molto tentata, di chiedere un prolungamento dell’Erasmus: 12 mesi invece di 6. Ragazzi. Per ora sono in paradiso“.

Un’esperienza di arricchimento a 360 gradi, insomma, dove c’è tanto da cui imparare e da cui lasciarsi ispirare, ma anche un input importantissimo per chi si sente psicologicamente sopraffatto dalla sua condizione di disabilità, rinunciando a tantissime occasioni come questa.

Authored by: Simona Vitagliano

Uso le parole come fossero numeri e i numeri come fossero parole. Blogger, Copywriter, Editor freelance. Tutor di Matematica e Fisica.

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