Subacquea per persone con disabilità
Abbiamo visto quanto sia grande il potere dello sport nella disabilità, riuscendo ad aprire nuove porte e nuove possibilità ma anche a mostrare nuove capacità e nuovi scenari.
Lo stesso Alex Zanardi ha più volte spiegato la rivoluzione avvenuta nella sua vita, dopo l’incidente che lo ha privato delle gambe: qualcosa che ha cambiato la sua esistenza in un modo che, in altra maniera, non sarebbe potuto avvenire.
Lo stesso tipo di scenario appare anche nella vita di un’altra persona con disabilità a livello motorio, quella che oggi è diventata performer ed artista: Sue Austin. Questa intelligente, bellissima ed intraprendente donna è riuscita a vedere nuovi orizzonti in una situazione dove tanti altri avrebbero visto solo confini, riuscendo a fare qualcosa che, fino ad ora, era stata sempre impensabile: andare in subacquea sulla sedia a rotelle!
A questo proposito, vi lasciamo in visione questo video veramente emozionante.
Ma a che punto è in Italia, in generale, lo sport che si occupa della subacquea per i disabili?
Cerchiamo di capirci di più.
Subacquea per disabili
Quello che anche la Austin sostiene nell’intervista che vi abbiamo proposto è il fatto che, grazie ad uno sport come la subacquea, le possibilità di movimento diventano infinite. Ci si dimentica degli ipotetici limiti che si hanno sulla terraferma e ci si può muovere a 360°: una sensazione che per tutti, disabili e non, è di assoluta libertà.
Quello che forse è poco noto è che nel mondo, sin dagli anni 80, i disabili subacquei brevettati sono migliaia: lo step importante è soltanto quello di seguire un buon corso di addestramento per poter agire in tutta sicurezza.
In effetti agli inizi, negli anni 70, questa pratica non era vista di buon occhio a causa di pregiudizi e paure che legavano le disabilità motorie (o, ad esempio, visive) con la pratica dello scuba diving. Solo i più coraggiosi e coloro che avevano già acquisito le conoscenze giuste in un tempo precedente alla disabilità, di solito, si cimentavano, ma erano casi isolati che, tra l’altro, si ritrovavano ad avere molte difficoltà per ricevere qualunque sorta di certificazione in merito.
Piano piano le cose, con il tempo, sono cominciate a cambiare, grazie e soprattutto alla nascita, in California, della HSA (Handicapped Scuba Association) che, nel 1975, in collaborazione con l’università di Irvine, svolsero importanti ricerche ed esperienze di integrazione tra subacquei con disabilità e normodotati. L’intersezione di queste e di altre esperienze gettarono le basi per la fondazione di HSA USA, nel 1981, uno scambio che cominciò ad avvenire a tutti i livelli, anche con italiani che si trovavano sul territorio, fino ad arrivare a HSA Italia, con Aldo Torti, che verso la fine degli anni Ottanta fondò l‘Associazione Nazionale Attività Subacquee e Natatorie per Disabili, che è stata la prima vera organizzazione ad occuparsi di diffondere la subacquea per disabili nel nostro Paese.
L’associazione ha ricevuto parecchi riconoscimenti e, a sua volta, ha portato all’agenzia italiana di HSA (Handicapped Scuba Association International) diffusasi negli USA e in molti altri Paesi del globo.
La vera rivoluzione è stata introdurre programmi didattici specifici, tarati in base alle prestazioni fisiche dei partecipanti, includendo, ovviamente, anche particolari procedure di sicurezza che hanno fatto grande questa missione e questa associazione.
Insomma, un ventaglio tutto nuovo di possibilità che si è aperto su un mondo meraviglioso che ormai, da oltre 35 anni, non è più precluso a chi è disabile ed abbia voglia di esplorarlo.
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