La storia di un chirurgo paralizzato che opera grazie ad un esoscheletro
Di storie a lieto fine, emozionanti o profondamente istruttive ne abbiamo raccontate tante, tutte con protagonisti diversi, persone a cui è stato tolto qualcosa… e a cui è stato, poi, dato qualcos’altro.
Abbiamo parlato di Massimiliano, il surfista in carrozzina, di Matteo e della sua sedia a rotelle speciale che gli permette di allenarsi in spiaggia, di Alex Zanardi e della sua seconda vita, di Bebe Vio, di Giusy Versace e della sua “Disabili No Limits Onlus”, di Sue Austin e delle sue meravigliose passeggiate subacquee in carrozzina e di tantissimi altri.
La storia di oggi, invece, è quella di Marco Dolfin, un chirurgo ortopedico che, a soli trent’anni, ha perso l’utilizzo delle gambe.
Prima e dopo l’incidente
11 Ottobre 2011.
“Quella mattina stavo andando in ospedale. Dovevo iniziare il turno di lì a poco. Ero indeciso se prendere la macchina o la moto. Non ho fatto la scelta migliore” ha dichiarato Dolfin.
Tutto è successo a soli trecento metri dall’ospedale, nel tratto di una curva, dove un’auto, con una ragazza a bordo non troppo attenta alla guida, ha girato all’improvviso, travolgendo Marco e la sua motocicletta.
Da quel momento è cominciato un nuovo percorso per il chirurgo, poichè non gli è stato più possibile alzarsi in piedi sulle sue gambe.
Il grande, importantissimo problema, però, era costituito da una conseguenza in particolare dell’accaduto: era necessario trovare il modo di poter continuare ad operare in posizione eretta, perchè alla chirurgia, sua grande passione, Marco non poteva proprio rinunciare. “Non sono un eroe. Non ringrazio l’incidente perché mi ha dato altre possibilità. Quello che ora non posso più fare, mi manca. Sono uno con la testa dura. Quella, dopo l’incidente, è rimasta la stessa, come dice sempre mia moglie. La mia nuova vita? Mi metto il cuore in pace e in qualche modo me la faccio andare bene” ha detto all’HuffPost.
Questo approccio traumatico e doloroso, però, non ha lasciato molto spazio all’autocommiserazione. Tutt’altro. Perchè oggi, grazie ad un esoscheletro, Marco può continuare ad operare senza alcun tipo di problema.
La soluzione
Una volta uscito dall’Unità Spinale della Città della Salute di Torino, Dolfin ha cominciato subito a fare sport, a cercare conforto e distrazione dai cattivi pensieri in qualcosa che lo tenesse impegnato e che, contemporaneamente, potesse tornargli utile.
Nel frattempo, infatti, ha commissionato ad Alessio Ariagno dell’Officina ortopedica Maria Edelaide di Torino la costruzione di quello che sarebbe diventato il suo compagno di vita: un esoscheletro, che altro non è che una sorta di carrozzina elettronica verticalizzabile, capace di tenerlo in piedi davanti al tavolo operatorio e di essere comandata con un gomito che muove un joystick, mentre le mani operano.
Naturalmente, il processo è stato lungo e delicato e c’è voluto un anno prima che diventasse di nuovo possibile rimettere piede in sala operatoria. Eppure: “Quando sono lì dentro è come se non fosse cambiato nulla” ha dichiarato il chirurgo, oggi 36enne.