Il potere dello sport nella disabilità
Oggi il mondo dello sport in tema disabili ci offre degli esempi veramente incredibili non solo di atleti, ma anche di persone, come Alex Zanardi e Bebè Vio.
Siamo abituati a guardare in tv le Paralimpiadi, abbiamo imparato tante cose su come lo sport cambia e si forgia quando deve esplicarsi tra disabili, con la scherma, lo sci, le competizioni agonistiche.
Abbiamo anche ben presenti i bisogni dei disabili all’interno di scuole e palestre e tutti gli esseri umani stanno, finalmente, uscendo fuori dalle categorie che per tanti, troppi anni, li hanno etichettati in maniera erronea. Perchè chi è disabile per la mancanza di un braccio, magari, ha potenzialità in altri campi (basti pensare all’intelligenza o alla forza nelle gambe o a tantissime altre capacità che è possibile sviluppare attraverso l’allenamento) che i cosiddetti “normodotati”, in tanti casi, possono solo sognare.
Lo stesso Zanardi, in un’intervista, ha riconosciuto l’importanza di quello che gli è accaduto (il terribile incidente che gli ha portato via le gambe), asserendo che da quella dolorosissima esperienza si è evoluto un nuovo spaccato di vita (e di soddisfazioni), per lui, che altrimenti non sarebbe mai esistito.
Alle origini
Tanti anni fa, però, non era così. Anche solo il pensiero di coinvolgere i disabili in un qualsivoglia sport era avvertito come “strano”. E ci è voluto molto tempo perchè accadesse.
Il punto di partenza di tutto lo si può collocare nel 1948, in America, quando il medico Ludwig Guttmann organizzò una partita tra i reduci della Seconda Guerra Mondiale con problemi alla colonna vertebrale. L’evento fu un successo e aprì gli occhi a tutti, rendendo possibile, così, un nuovo cammino per i disabili, fatto di spunti, idee ed innovazione; un cammino che, nel tempo, ha portato anche agli importanti risultati delle Paralimpiadi dove, tra l’altro, la FISD (Federazione italiana sport disabili) è regolarmente riconosciuta dal CONI.
Ma c’è molto più di questo.
Anche quando lo sport non è praticato in maniera agonistica è un prezioso collante delle relazioni umane, un fantastico input di sfogo e, soprattutto, un elemento che torna utile nella vita di tutti i giorni, per affrontare piccoli problemi oppure ritrovarsi a compiere movimenti con più disinvoltura e praticità.
Lo sport, inoltre, è anche uno strumento in grado di agire a livello psicologico perchè evita le fasi di isolamento e di depressione, favorendo la stimolazione della resilienza e la formazione graduale di nuovi punti di vista da assumere per accettare e addirittura, qualche volta, benvolere la propria nuova condizione di vita, anche se cambiata repentinamente.
Ovviamente, questo ruolo “guaritore” è assolutamente condiviso anche da coloro che con la disabilità ci sono nati (come, ad esempio, i non vedenti).
Insomma, se per tutti lo sport è sicuramente uno spunto interessante da esplorare, per i disabili può diventare quasi un tassello fondamentale di una vita goduta e vissuta a pieno.
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