Gli alunni con disabilità sono tutelati da una legge
Ogni anno sono tantissime le segnalazioni riguardanti atti e comportamenti discriminatori subiti da alunni disabili: un dato che è stato quantificato, in particolare, anche dal Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi (CAFB) della Ledha (la “Lega per i diritti degli handicappati”, nata nel ’79).
In poco meno di tre anni (da luglio 2015 a giugno 2018), infatti, sono state oltre 3000 le segnalazioni arrivate al suo centralino, di cui il 33% riguardava proprio l’ambito scolastico. Statistiche recentissime, dunque, che diventano lo specchio della realtà odierna; un’immagine ancora più grave se si pensa che, però, nonostante tutto questo, i processi celebrati sono stati davvero pochi, soprattutto in rapporto a questi numeri: in oltre 10 anni, afferma sempre il CAFB, soltanto 64.
Da questo traspaiono un paio di conclusioni: la prima, che interessa un buon grado di consapevolezza dei genitori, capaci di capire ed interpretare quello che succede tra i banchi di scuola, esponendosi su questi contesti poco piacevoli, ben conoscendo i diritti di inclusione che tutti i bambini e ragazzi, senza esclusione, dovrebbero poter vantare; la seconda, che riguarda una cattiva conoscenza, invece, del tessuto legale italiano in merito a queste situazioni, perché esiste una legge del 2006 nata proprio per tutelare i disabili vittime di discriminazioni.
Cosa dice la normativa
La legge n°67 del 1° marzo 2006 è titolata proprio: “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni“.
Si tratta di una normativa volta a promuovere “la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità (…) al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali“, includendo anche discriminazioni sul lavoro e all’accesso al lavoro (tematica molto sentita da moltissimi adulti), asserendo che, in sostanza, “non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità“.
Inoltre, vengono introdotte due tipi di discriminazioni differenti, guardando nel dettaglio una realtà che, in effeti, può essere molto complessa e sfaccettata:
- “Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga“;
- “Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone“.
Viene, inoltre, specificato che sono considerate come discriminazioni anche le molestie connesse alla disabilità, “che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti“.
Viene fatto, quindi, presente che, in caso ci si ritrovi in situazioni spiacevoli come queste, è possibile mettere tutto in visione di un giudice che potrà valutare se richiedere, per la parte lesa, un risarcimento danni (anche non patrimoniale) e/o ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio, se ancora sussistente; inoltre, possono essere prese anche altre contromisure più forti, in caso queste situazioni siano frutto, ad esempio, di una adozione. Infine, lo stesso giudice potrà ordinare la pubblicazione del provvedimento opzionato su una testata a tiratura nazionale, per diffondere la notizia e mettere a conoscenza i cittadini di quanto accaduto.
Un elemento che può pesare, forse, anche più della possibilità di dover risarcire del denaro, perché comporterebbe un’esposizione definitiva alla gogna mediatica che potrebbe costare credibilità e reputazione a istituti, scuole e aziende.